Un viaggio musicale sorprendente, dove due strumenti spesso associati a contesti distinti – l’organo alla solennità liturgica e il pianoforte alla dimensione solistica o cameristica – si incontrano per creare una combinazione timbrica potente, raffinata e inusuale.
Il programma attraversa epoche e stili diversi, esaltando il dialogo tra la maestosità orchestrale dell’organo e la duttilità espressiva del pianoforte.
Si comincia con la celeberrima Ouverture da Guillaume Tell di Gioacchino Rossini, resa in una trascrizione ricca di energia e teatralità.
L’introduzione pastorale, i passaggi lirici e il celebre galop finale trovano una nuova veste nella suddivisione dei ruoli tra organo e pianoforte, che si alternano e si intrecciano con brillantezza e precisione.
Segue L’Estate da Le Quattro Stagioni di Antonio Vivaldi, in un arrangiamento che restituisce tutta la vitalità barocca e il dramma naturalistico dell’originale.
Il duo sfrutta le possibilità dinamiche ed espressive di entrambi gli strumenti: l’organo dà profondità e colore, mentre il pianoforte conferisce agilità e incisività, rendendo vive le immagini di afa, temporali e turbolenze estive.
Il clima si fa intimo con À Chloris di Reynaldo Hahn, una pagina di grande eleganza e delicatezza.
In questa trascrizione, il canto originario si distribuisce tra le linee melodiche del pianoforte e le armonie avvolgenti dell’organo, dando vita a un momento di intensa poesia sonora.
Con il Finale dal Concerto Gregoriano di Pietro Yon, il duo affronta una pagina originale per organo solista, qui rielaborata per includere il pianoforte in un dialogo possente e articolato.
La scrittura è monumentale e richiama l’austerità del canto gregoriano, che si espande in un linguaggio tardo- romantico ricco di slancio e spiritualità. Timepiece, composizione contemporanea di Tom Scott, offre un contrasto netto con quanto precede: ritmicamente incisivo, strutturato in sezioni contrastanti, il brano sfrutta appieno le possibilità percussive del pianoforte e la varietà timbrica dell’organo.
Una riflessione musicale sul tempo, tra meccanica e contemplazione.
Chiude il concerto la travolgente Rapsodia Ungherese n. 2 di Franz Liszt, qui trascritta per duo in modo da mantenere tutta la sua spettacolarità.
Il pianoforte conserva la brillantezza virtuosistica originaria, mentre l’organo amplifica il respiro orchestrale, dando vita a un gran finale trascinante, colorato, ricco di contrasti e umorismo.
L'ingresso al concerto è libero.