Search
Webcams
Lodging
Request information

Pieve d'Alpago

Valbelluna

Valbelluna
Vista aerea
Pieve d'Alpago, Via Roma, 31 Pieve d'Alpago - 32016 Alpago (BL) IT (0039) 0437 478086 www.comunealpago.bl.it

Le origini:
È consuetudine storica far risalire intorno all'anno 1000 la nascita, attorno a Chiese (pievi) sparse nelle campagne, di villaggi più o meno cospicui. La sopravvivenza dell'attuale toponimo Pieve, se da un lato conferma un'antica supremazia religiosa e civile sull'intera conca alpagota, dall'altro non è sufficiente a determinare con esattezza l'epoca in cui l'abitato che esso individua si sia formato. È certo, come hanno rivelato gli scavi archeologici delle località di Quers, Staol di Curago e Pian de la Gnela, che l'area fu abitata sin dalla protostoria, con floridi insediamenti che si situavano lungo antiche vie di comunicazione ad oggi ancora misteriose. I reperti rinvenuti nelle necropoli non solo testimoniano una continuità abitativa dalla preistoria sino all'Impero Romano ed oltre, ma offrono l'immagine di una comunità ricca, fiorente ed artisticamente evoluta. Recenti studi sui reperti archeologici suggeriscono di inquadrare gli insediamenti preistorici in un vasto contesto economico-culturale che non si limitava all'area veneta, ma si spingeva oltre i confini nazionali nei territori dell'attuale Slovenia. La storia medievale e moderna della Pieve d'Alpago è strettamente legata alle vicende della città di Belluno, ma le testimonianze su questo periodo sono esigue. Per secoli pare che un lungo torpore abbia avvolto il territorio, interrotto di quando in quando da qualche evento importante come l'investitura dell'Alpago, avvenuta a Pieve il 30 ottobre 1340, di Giacoma da Vivaro, vedova del famigerato Endrighetto che dal suo castello di Bongajo signoreggiava sulla piana sottostante. Restano a testimonianza del periodo le Chiese, in particolare la Parrocchiale di Santa Maria, più volte ricostruita e rimaneggiata: la composizione stilistica attuale è opera dell'architetto bellunese del XIX secolo Giuseppe Segusini. In essa è conservata una tela di Gaspare Diziani. Notevoli sono anche la Chiesa di Garna con il soffitto a cassettoni e la Villa Falin del XVII secolo, la chiesa di Plois con un crocefisso ligneo di Andrea Brustolon e la chiesa di Curago con un dipinto della scuola del Piazzetta.
Da un documento del 1662 si apprende che il Comune d'Alpago comprendeva 19 regole o villaggi, fra i quali Curago, Garna, Pieve, Plois, Tignes, Torch, Torres e Villa, facenti parte ancora oggi del Comune di Pieve d'Alpago sotto forma di frazioni. Recentemente, nel 2015, si è ricostituita l’antica Regola di Plois e Curago.

Secolo XX:
La prima guerra mondiale, dopo la durissima occupazione austro-tedesca dell'Alpago nel 1917-1918, portò con se la fine di un mondo; gli uomini al fronte, provati da quattro anni di lotta durissima, non erano gli stessi di prima: la società di massa si imponeva e con essa, in quel primo dopoguerra, il bisogno e l'ansia di un cambiamento, di una trasformazione, di una palingenesi che fossero il momento fondativo di una nuova epoca. Crebbe il consenso del partito socialista che ancora nelle elezioni politiche anticipate del 1921 raccoglieva a Pieve d'Alpago quasi il 50% dei voti.
Intanto, da Pieve d'Alpago ripresero le emigrazioni verso altri paesi europei ed oltremare, spesso per stabilirvisi definitivamente, anche se Umberto Trame nella sua opera "La conca dell'Alpago nelle dolomiti orientali", edita a Venezia nel 1932, così descriveva il fenomeno: "…gli alpagoti, in massima parte, amano la terra a loro famigliare e cara fin dall'infanzia. Se emigrano, lo fanno in maggioranza temporaneamente, solo quanto basti per guadagnare il denaro occorrente a fabbricare la casa nuova o ad acquistare il campicello attiguo al proprio."
Gli anni oscuri della seconda guerra mondiale incombevano, portando con se nuovi lutti e rovine.
Molti da Pieve d'Alpago, partiti per il fronte, non fecero ritorno, perirono in Russia, in Grecia, nei campi di internamento dove finirono migliaia di soldati italiani che, dopo l'armistizio con gli anglo-americani, rifiutarono di combattere a fianco dei tedeschi. Le vie del Comune sono oggi il ricordo di quella vicina tragedia che profondamente ha segnato l'intera comunità. Dopo l'8 settembre 1943, le forze germaniche occuparono la provincia di Belluno, inserendola nell'Alpenvorland, di fatto annettendola al Reich.
Anche in Pieve il movimento partigiano mise le proprie radici, partendo dalla canonica, ove operava il pievano don Apollonio Piazza.
Di don Apollonio Piazza la storiografia locale si è occupata in modo marginale, e la sua opera pastorale non ha trovato solo consensi in Pieve d'Alpago. Eppure la vicenda umana del pievano è delle più singolari ed interessanti del secolo ventesimo in area bellunese. Don Piazza, nato a Vigo di Cadore nel 1885, aveva conosciuto un momento di vera fama durante la prima guerra mondiale, quando dietro le linee nemiche a mezzo di piccioni viaggiatori e di rischi inimmaginabili comunicava le manovre austriache agli italiani attestati oltre il fiume Piave. Per la sua attività, testimoniata in un'opera celebrativa, uscita nel ventennale della liberazione "Preti d'oltre Piave/pagine eroiche del Veneto invaso", venne premiato con il conferimento di un'alta onorificenza, Nel dopoguerra, nella parrocchia di La Valle Agordina sostenne apertamente il partito popolare, anche nelle elezioni del 1924, scontentando i fascisti locali che lo fecero pretestuosamente arrestare. Animatore dell'Azione Cattolica e degli esploratori cattolici, nei primi anni Trenta venne allontanato da La Valle prima per San Pietro di Cadore poi per Pieve d'Alpago.
Dopo uno scontro con i partigiani alle porte di Pieve nell'agosto del 1944 vennero incendiate dall'esercito tedesco Pieve e Mistran.
Nel secondo dopoguerra, riprese con forza l'emigrazione: le magre risorse locali non offrivano alcuna garanzia per una popolazione, dedita in prevalenza all'agricoltura in un territorio pressoché privo di industrie. Negli anni Sessanta la svolta: verso la provincia di Belluno confluirono investimenti, vennero costruite nuove fabbriche, cominciò ad assumere un peso significativo il settore turistico. In breve, con impegno e sacrificio, la popolazione alpagota vide migliorato il proprio tenore di vita, le giovani generazioni poterono contare su prospettive più certe, su disponibilità di lavoro e su nuove opportunità.
Nella zona di Paludi si aprirono numerosi opifici, capaci di occupare migliaia di persone, nella parte alta del Comune le attività turistiche e ricettive riuscirono ad acquisire prestigio a livello nazionale ed internazionale; le condizioni economiche e sociali della comunità progredirono decisamente. 

Personaggi illustri:
Tra i personaggi importanti a cui il Comune ha dato i natali si ricorda Placido Fabris, nato a Pieve il 29.08.1802 e morto a Venezia il 7.12.1859, le cui opere, alcune delle quali irrimediabilmente perdute in un naufragio, sono dalla critica attuale riscoperte e collocate ben saldamente fra le maggiori della prima metà del XIX secolo. La ritrattistica, che tanta fortuna ebbe fra la borghesia commerciale in ascesa, rappresentò il terreno privilegiato dal Fabris, che ebbe prestigiosi committenti quali lo zar di Russia ed il Metternich. L'artista, pur lontano nelle sue dimore di Venezia, Trieste o Londra, ha sempre firmato i dipinti come Placido Fabris d'Alpago, a testimonianza del profondo legame con la terra d'origine. Pur in un territorio povero e contadino, furono presenti nella comunità di Pieve sufficienti risorse ed ambizioni da consentire ad un ragazzo di talento di proseguire i propri studi per affermarsi nel campo dell'arte pittorica.
Pieretto Bianco, la cui famiglia è originaria di Tignes, studiò a Venezia dove iniziò la sua carriera di pittore. Nel 1912 decorò il salone per la X Biennale d’Arte Moderna di Venezia; a Roma affrescò la Cappella Doria Pamphilj; a New York lavorò come primo scenografo al teatro Metropolitan; all’Avana decorò la biblioteca Nazionale; altri lavori si trovano alla Scala di Milano e al Teatro dell’Opera di Roma. Morì nel 1937 a Bologna.
Alberto Vimina, nato nel 1603 a Belluno con il nome di Michele Bianchi, religioso diplomatico studiò da prete ed ebbe cura d’anime a Bolzano Bellunese nel 1645; nel 1648 fu con il nunzio apostolico a Varsavia presso la corte polacca. Incaricato dalla Repubblica di Venezia incontrò senza fortuna i ribelli cosacchi (insediati nell’Ucraina attuale), allora in lotta con la Polonia, allo scopo di cercare un accordo per mobilitarli contro i Turchi. Ne' miglior sorte gli toccò presso lo Czar di Russia, che non lo ricevette, ma le cui truppe conquistarono in quel torno di tempo la città di Smolensk (oggi Bielorussia), della quale conquista Vimina ha lasciato una mirabile, dettagliata relazione. Fui poi arciprete di Pieve d’Alpago dal 1652 al 1667, anno in cui morì. Ha lasciato memorabili testimonianze delle proprie missioni diplomatiche tra Polonia, Russia, Svezia, dove conobbe la regina Cristina, ed Ucraina. Restano le sue memorie che rappresentano un documento ineguagliabile per la conoscenza dell'Europa orientale nel XVII secolo, anche se gran parte della sua attività deve essere ancora studiata, compresi gli anni del suo ministero in Pieve d'Alpago.
Flaminio Grappinelli, maestro d’arte pittorica, vissuto tra il  XVII e il XVIII secolo, ebbe verosimilmente i natali a Pieve, come testimonia il cognome ben attestato nei documenti locali. L'opera del Grappinelli è stata rivalutata solo nel XIX secolo prendendo spunto dai santi collocati nel duomo di Belluno, ma viene considerata di alto pregio qualitativo ed espressivo.

Stay in touch

Sign up for the Dolomites in Belluno newsletter!
You will receive news, information, itineraries, ideas and tips for your vacation throughout the year.

Thank you

Grazie: ti abbiamo inviato una mail per attivare la tua iscrizione e selezionare le tue preferenze se previsto.

Something went wrong

Retry

Close

Subscribe to the newsletter


(You can choose more than one)

Cancel
Close

Thank you

Your request has been sent successfully and we will reply as soon as possible. A copy of the data you have provided us with has been sent to your email address.

Close

Request information

You are sending the request to: Belluno Dolomites


Close